Contro la dipendenza, una realtà disorganizzata. Servizi a macchia di leopardo


Pubblicato il 21.10.2008 in News Sociale

Carenza di risorse, mancanza di una rete territoriale di collegamenti tra le equipe, mancanza di una integrazione dei servizi: i punti su cui lavorare secondo gli addetti ai servizi accreditati, riuniti nel corso della Conferenza sull'alcol.
 
La carenza di risorse dedicate, il problema della mancanza di una rete territoriale di collegamenti tra le equipe e la mancanza di una chiara integrazione dei servizi: sono questi i punti su cui occorre ancora lavorare secondo gli addetti ai servizi pubblici e privati accreditati riunitisi oggi a Roma nel corso della Conferenza Nazionale sull’alcol. Nonostante il problema della dipendenza dall’alcol sia stato evidenziato dall’Oms già negli anni ’60, attualmente la realtà italiana appare ancora disorganizzata, con realtà funzionanti a macchia di leopardo. “In Italia ci sono tanti piani sanitari regionali quante sono le stesse regioni – spiega Antonio D’Amore, direttore del Dipartimento per le Dipendenze di Caserta – e ognuna pratica l’assistenza in maniera diversa”, anche se, a livello nazionale, continua Antonio D’Amore, la legislazione permetterebbe di dare una risposta ai bisogni delle persone con problemi di alcol dipendenza.

Altro problema è la diffusione dei servizi sul territorio. Secondo Antonio D’Amore, infatti, non tutti i pazienti si rivolgono ai Ser.T per diversi motivi, tra cui la stessa ubicazione dei servizi, ma anche le difficoltà per il ricovero, la carenza di operatori ed infine, ma non meno rilevante, la carenza di risorse. Per garantire un omogeneo intervento su tutto il territorio, spiega Antonio D’Amore, è necessario istituire unità operative specialistiche di alcologia per garantire interventi di tipo preventivo, attraverso il collegamento con le scuole e gli enti locali, terapeutico, con ricovero in reparto e centri diurni e riabilitativi, soprattutto di reinserimento lavorativo. Ma a complicare il quadro ancora oggi c’è un intricato intreccio di competenze.

Autonomia, rete, competenza e advocacy. Questi invece gli ambiti di intervento per Roberto Pancheri, direttore servizio di riferimento per le attività algologiche di Trento. Il coinvolgimento delle realtà locali, infatti, è uno dei punti di maggiore interesse e l’esperienza del Trentino ne è la testimonianza: secondo Pancheri, la presenza di servizi diffusi in modo uniforme sul territorio, permettono ai pazienti di non fare più di 10 km per poter dare una risposta ai propri bisogni. In evidenza anche l’esigenza di personale, che non risponde alle effettive esigenze della popolazione, come avviene per esempio con il problema delle tossicodipendenze. “La stima di persone con problemi di droga è di circa 600 mila persone a livello nazionale – spiega Roberto Pancheri -, mentre abbiamo una stima di persone con problemi di alcol intorno al milione e mezzo, non parlando dei bevitori problematici che sono un altro milione e dei bevitori a rischio che sono invece 9 milioni. Se andiamo ad analizzare quante sono le persone in carico ai servizi pubblici, abbiamo 162 mila persone per droga e 56 mila per alcol, al 2005. Forse il rapporto è un po’ invertito”. Per quanto riguarda gli addetti dei servizi pubblici, al 2005 erano 797 gli addetti esclusivi che si sono occupati di alcol, mentre 4761 esclusivamente di droghe, rapporto che s’inverte per gli addetti parzialmente occupati. Nel totale gli operatori per droga sono 6732, contro i 3412 addetti per alcol. “Il 23% del personale che lavora in alcologia – spiega Pancheri - è addetto in modo esclusivo, contro il 71% del personale addetto esclusivamente nelle tossicodipendenze. La differenza di risorse messe a disposizione per i due settori è molto marcata. Non stiamo rispondendo ai bisogni di salute delle nostre comunità”.

Per quel che riguarda le tendenze future, Antonio D’Amore, ha espresso le sue preoccupazioni. “Certamente – spiega il direttore del dipartimenti per le dipendenze di Caserta - non andiamo verso il tamponamento della carenza di personale e delle strutture e se la tendenza è quella della Lombardia andiamo verso una privatizzazione. Domani ci troveremo con una richiesta di aiuto che cresce e con una risposta che sarà sempre minore. La prevenzione che possiamo fare oggi su un paziente alcolista oggi fa risparmiare alla Sanità in futuro per i possibili ricoveri legati alle patologie correlate che hanno dei costi sociali altissimi, per non parlare degli infortuni sul lavoro e degli incidenti del sabato sera”.
 

 

Redattore Sociale


Autore: Giovanni Augello