Ancora tanti i punti oscuri di questa vicenda. La procura indaga per omicidio colposo. Ma altri immigrati accusano: "Ammazzati e bruciati"
È una storia che ha ancora molti tratti oscuri quella della morte dei due somali nel sottopasso di Corso d'Italia, a pochi metri da via Veneto. Secondo una prima verifica medico legale sarebbero morti asfissiati: altri accertamenti tuttavia saranno eseguiti nei prossimi giorni, e forse ci saranno le sorprese. Intanto il pm Alberto Galanti procede per omicidio colposo, "solo prassi", spiega. Non necessariamente, perciò, dietro questa decisione ci sarebbero contorni inquietanti. Starebbe soltanto a significare che le cose da chiarire ci sono: e che se venisse stabilito nero su bianco che si tratta di un incidente, la vicenda finirebbe archiviata e le risposte non ci sarebbero mai, lasciando aperte delle porte che invece si vuole ben chiuse.
La storia quindi non ha ancora contorni precisi. È la notte tra sabato e domenica. Nel sottopasso di Corso d'Italia, in un'uscita di emergenza, trovano rifugio due somali. Il luogo è famoso tra i senza tetto. E anche l'autorità ne è a conoscenza, grazie a inchieste giornalistiche e denunce varie. I due somali sono parcheggiatori abusivi, si racconta, e per ripararsi dal freddo accendono un falò con cartoni, giornali, carta raccolta qua e là. In un attimo divampa
un incendio, i due non trovano scampo. E sembra ci sia un testimone. Due clochard baresi, che vivono in un sottopasso di piazza Fiume, vedono un uomo gettare un materasso e dei cartoni dove divampa l'incendio, una persona che poi vedono allontanarsi. Sono le quattro quando arrivano i soccorsi, che non troveranno però altro che corpi completamente carbonizzati. Le carte d'identità miracolosamente scampate alle fiamme conducono subito nel mondo dei rifugiati somali. Si scoprirà poi che i documenti appartengono a due uomini in carcere da una decina di giorni per una rapina ai danni di connazionali. Come sono finiti lì?
Per la polizia che indaga e il pm che coordina le indagini si tratta di un incidente. La comunità somala è di tutt'altro parere: "Sono stati accoltellati e poi gli è stato dato fuoco per nascondere l'omicidio" dicono. Perché? "Per vendetta: qualcuno avevano mandato in galera gli africani i cui documenti sono stati trovati accanto ai corpi. E c'era chi pensava che fossero stati loro". "Fantasie senza riscontro" ribattono gli inquirenti.
Ma come mai i due non sono scappati al divampare dell'incendio? Perché le carte d'identità si sono salvate dalle fiamme? Chi è l'uomo che sarebbe stato visto uscire dal tunnel un attimo prima del divampare delle fiamme? È il presunto assassino o un terzo ospite del tunnel? Se così fosse perché i materassi trovati nel rifugio erano soltanto due?
Intanto oggi sulla questione dei senzatetto che vivono in condizioni allucinanti nei buchi nascosti della città - dopo le associazioni cattoliche che hanno chiesto di censire tutti i siti che offrono riparo e dopo la comunità di Sant'Egidio che reclama più sforzi per far fronte al disagio - è intervenuto anche l'Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati). Che ha rilevato come "solo a Roma si stima siano oltre 1.700 i richiedenti asilo e rifugiati, incluse famiglie con minori, che vivono in situazione di grave emarginazione sociale. Sono in aumento gli insediamenti spontanei e le occupazioni di edifici abbandonati. La drammatica vicenda del sottopasso evidenzia ancora una volta la necessità di ampliare la rete di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati".