Chiusura degli istituti: con l'affido il Comune ci guadagna


Pubblicato il 04.10.2006 in News Sociale

Studio del Cergas-Bocconi: risparmio di 8mila euro per ogni bambino. Nel 2003 quasi 340 milioni di euro spesi per i minori ''fuori famiglia'', 155 milioni per il pagamento delle rette alle strutture di accoglienza.

Con l'affido i Comuni Italiani possono arrivare a risparmiare 8mila euro per ogni bambino: se infatti è di 13 mila euro la spesa media annua per ogni singolo minore ospitato nelle strutture di accoglienza, il costo in caso di affidamento supera di poco i 5 mila euro. Lo rivela uno studio del Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale (Cergas) della Bocconi, che ha analizzato la situazione dell’assistenza ai minori fuori dalla famiglia, in relazione alla spesa degli enti locali per i servizi sociali a loro destinati. L’obiettivo di arrivare entro il 31 dicembre 2006 alla completa chiusura degli istituti minorili, potenziando nel frattempo lo strumento dell’affido, agli economisti della Bocconi sembra garantire, oltre ad una maggiore tutela del minore, anche un ritorno economico. Secondo lo studio infatti nel 2003, i Comuni hanno destinato ai servizi di adozione e affido e alle strutture residenziali per i circa 20mila minori "fuori famiglia” un totale di 339,5 milioni di euro dei circa 2 miliardi di euro spesi per i servizi sociali in genere. Di questi 339,5 milioni di euro, ben 275 milioni (l’81%) è assorbito dalla gestione delle strutture di accoglienza, tra cui gli Istituti per minori che ospitavano il 20% della popolazione minorile in esame, mentre la restante parte, circa 64 milioni, era destinata ai servizi per l’affido familiare e l’adozione (rispettivamente il 17% e il 2%). In particolare, il solo pagamento delle rette alle strutture di accoglienza assommava a oltre 155 milioni di euro.

Una “sproporzione notevole”, secondo l’economista Attilio Gugiatti, che ha curato la ricerca: “Bisogna spostare le risorse dalle attuali grandi strutture, come gli istituti, a forme di assistenza più soft e più vicine ai bambini e alle famiglie. Questo, non solo è moralmente più accettabile, poiché i risultati dal punto di vista della crescita e della serenità del minore sono migliori, ma anche perché rappresenta un risparmio sotto il profilo economico”. Forme di assistenza “dolce” in strutture più piccole, secondo Gugiatti, “sono più funzionali all’accoglienza e alle relazioni tra educatore e minore in difficoltà, con parametri di qualità e soprattutto di risultato più elevati rispetto alle strutture tradizionali”. Secondo l’economista è necessario “dare più soldi alle famiglie affidatarie e rendere più agevole il processo di adozione, che risente dei limiti troppo rigidi della legislazione”.

Redattore Sociale