A Roma accolti 900 minori dall'inizio del 2005 nei ''Centri di pronto intervento minori'', soprattutto rumeni. L'82% dei ragazzi accolti nel 2004 se ne è andato entro 3 giorni.
Età media 17 anni, precarie condizioni economiche delle famiglie, vorrebbero lavorare, frequentare corsi di formazione e avere un permesso di soggiorno, alcuni necessitano di un sostegno psicologico. È questo il ritratto tipo dei 900 minori non accompagnati accolti dall’inizio del 2005 ad oggi nei “Centri di Pronto intervento per minori” (Cpim) del Comune di Roma, trovati in apparente stato di abbandono nelle strade della città da forze dell’ordine e operatori sociali. Più ragazzi (60%) che ragazze (40%), sono soprattutto rumeni (265), moldavi (53), afgani (20), italiani (17) e bosniaci (16), molti anche i non identificati (30). I dati indicano un aumento esponenziale rispetto al 1999, l’anno successivo alla promulgazione della legge 286/98 sull’immigrazione. In particolare i minori rumeni sono passati da 25 nel 1999 a 186 nel 2004 e 265 nel primo semestre 2005. Nello stesso periodo i moldavi sono passati da poche unità nel 1999 a 42 nel 2004 e 53 nel primo semestre del 2005. Italiani, marocchini e albanesi rimangono stabili tra 0 e 20 l’anno in tutto il periodo. I dati sembrano allarmanti, ma vanno accostati agli elevati tassi di allontanamento non autorizzato dai centri. I ragazzi lasciano le strutture preposte alla loro tutela. L’82% dei ragazzi accolti nel 2004 se ne è andato entro 3 giorni e solo il 13,2% è stato inserito in comunità. Dei 446 minori rumeni accolti nel 2005 fino ad oggi 413 se ne sono andati dopo 1 giorno, lo stesso hanno fatto 62 dei 76 moldavi.
Per Nadio La Gamba (responsabile Cpim) sono diverse le cause. Da una parte ci sono ragazzi che preferiscono facili guadagni, tra cui ragazze (perlopiù rumene e moldave) arrivate in Italia scegliendo consapevolmente di prostituirsi per migliorare la propria condizione economica. Dall’altra la precarietà del percorso che viene offerto loro. A conferma di questa lettura i dati concessi dalle Comunità di Prima Accoglienza (Cpa) dei “Centri per la giustizia minorile di Lazio e Abruzzo”. Nel 2004 gli ingressi nei Cpa di Roma sono stati 1.185, il 20,2% in più rispetto al 2003. Di questi il 39,7% erano nomadi (la nazionalità non è specificata), il 37,2% rumeni, il 17,6% italiani. Si tratta per lo più di furti (78%) e rapine (12%). Dei 232 ragazzi inseriti in comunità nel 2004 il 58,6% si sono allontanati arbitrariamente. Per quanto riguarda la prostituzione, significativo il dato che riguarda la 70 ragazze minorenne fermate sulla strada nelle retate della polizia e condotte nei due nuovi centri del Comune di Roma per vittime minorenni di sfruttamento sessuale: tutte hanno rifiutato di intraprendere i percorsi di protezione sociale previsti dall’articolo 18 della legge sull’immigrazione. Ma secondo La Gamba, a pesare sugli alti tassi di allontanamento incide anche la precarietà dei percorsi che vengono offerti ai ragazzi.
L’età media dei minori accolti nei centri è di 17 anni, ma il Testo Unico - dopo le modifiche della legge 189/02 (Bossi-Fini) - prevede la conversione del “permesso di minore età” in permesso di studio o lavoro al compimento dei 18 anni solo quando sia provata la residenza in Italia da “non meno di 3 anni”, e la partecipazione ad un “progetto di integrazione sociale e civile” di almeno 2 anni. È evidente che i ragazzi che entrano in contatto con i servizi all’età di 17 anni, a 18 anni saranno espulsi. Accade lo stesso se tornano in strada. Chi accetta comunque di iniziare un progetto, senza i requisiti necessari al compimento dei 18 anni, viene assistito dai centri in un ricorso al Tar per la sospensione del provvedimento di espulsione. Normalmente l’esito è positivo, ma non consente il rilascio di alcun permesso di soggiorno. A quel punto la sola alternativa è tornare nell’illegalità.