Prevalentemente italiani, spesso famiglie monoreddito a cui la crisi ha tolto anche l’unica speranza di una vita normale. È l’identikit delle persone che si rivolgono ai centri di ascolto della Caritas diocesana di Palermo. Un ‘esercito di disperati’, con numeri in crescita costante negli ultimi anni. I dati del 2011 parlano di oltre 2.600 famiglie assistite, più del doppio rispetto a quelle del 2010. Di queste poi circa il 30% è rappresentato da nuovi poveri.
“Ci sono tre tipologie di soggetti che si rivolgono a noi – spiega Giuseppe Giambusso, responsabile dell’Osservatorio delle povertà e delle risorse della Caritas di Palermo -. In primo luogo chi ha sempre vissuto in regime di povertà e che oggi si trova ad avere molta ‘concorrenza’ nell’accesso agli aiuti. Poi c’è un numero crescente di immigrati che non riesce più ad integrarsi nel tessuto urbano e produttivo. Infine, c’è una larghissima parte di ceto medio, che dopo aver perso il lavoro e terminati i sussidi, ha difficoltà enormi a trovare un lavoro e ad arrivare a fine mese”. “Il problema maggiore – spiega – è che a Palermo troppi superano la soglia di povertà assoluta e la rete familiare, che negli anni passati è stata una sorta di ammortizzatore sociale, adesso non basta più”. Capita così che una famiglia di tre persone si trovi a ‘sopravvivere’ potendo contare solo su 350 euro al mese.
“Mentre prima la percentuale di persone che si rivolgeva ai nostri centri – dice ancora Giambusso – era bilanciata tra stranieri ed italiani, adesso circa il 70% è costituito da italiani”. Cibo e un aiuto per pagare le bollette sono le richieste più pressanti. “C’è in citta’ – aggiunge il responsabile dell’Osservatorio delle povertà e delle risorse – una grande difficolta’ abitativa, tanti non riescono più a pagare l’affitto e dormono in macchina oppure tornano in famiglia, vivendo ‘stipati’ in piccoli appartamenti”. Un altro dato indicativo di una crisi che morde sempre di più è la domanda di generi alimentari. “Prima – spiega Giambusso – la semplice busta della spesa era rifiutata da molti, adesso, invece, tanti vengono a chiederci beni alimentari di prima necessità. Insomma non un sostegno al reddito, ma alla stessa sopravvivenza. È un dato drammatico, che parla più di tanti numeri”.