Suor Claudia Biondi: ''Operazioni così fanno star male la gente e significano buttar via soldi pubblici''. Pagani, Opera nomadi: ''La tregua estiva è finita''.
"Siamo contrari a sgomberi fatti in questo modo, con costi umani ed economici enormi, con l'effetto di far star male la gente e buttar via soldi pubblici”, dice Suor Claudia Biondi, responsabile dell'area Bisogno della Caritas ambrosiana, che critica lo sgombero dell'area ex Falck a Sesto San Giovanni, fabbrica dismessa dell'ex Stalingrado d'Italia, oggi rifugio di immigrati senza dimora di varie nazionalità, tra cui numerosi nomadi. Uno sgombero di cui si era sparsa voce da una decina di giorni: “Ormai erano rimaste poche persone, andate via tra ieri e stanotte -prosegue Suor Claudia -, sono rimasti gli aventi diritto ad assistenza, persone con handicap, qualche minore e qualche donna. Si presume che gli altri siano andati in luoghi dove è ancora possibile stare, appoggiandosi ad altre strutture, ad altre baraccopoli”. “La nostra posizione è vecchia -spiega la religiosa, appartente all'ordine delle Ausiliatrici delle anime del Purgatorio-: noi abbiamo avuto informazioni rispetto a questo sgombero rispetto a 7-10 giorni fa, siamo stati interpellati dal Comune che ci ha chiesto se volevamo dare una mano. Noi abbiamo risposto dicendo che eravamo contrari ad uno sgombero fatto in questo modo. Avremmo voluto che si fossero cercate insieme soluzioni in tempi più lunghi e con diverse alternative, oppure noi non avremmo potuto appoggiare questo sgombero, perché non fa parte del nostro modo di vedere la situazione: uno sgombero ha costi umani ed economici enormi e non ottiene niente, se non l'obiettivo di Caltagirone (l'imprenditore che ha rilevato l'area; ndr) di sgomberare l'area, che pure ne aveva diritto. Così ora c'è un gruppo di persone sparpagliato sul territorio, che va a riproporre il problema altrove. Noi con Caritas non possiamo appoggiare questo tipo di politica, perché ha l'effetto di far star male la gente e buttare via i soldi pubblici. In questi anni sgomberi di questo tipo se ne sono visti a ripetizione: noi non abbiamo risolto niente e, davvero, chi li sostiene ha una visione di cortissimo respiro. Se sono Caltagirone posso dire che mi serve l'area libera, ma chi si occupa di politiche sociali ha soltanto spostato il problema a livello di localizzazione e nient'altro, con tutte le conseguenze del caso, enormi, anche nel modo di concepire la vita delle persone”.
“La Caritas poi interverrà a livello delle varie zone dove le persone andranno a rifugiarsi sul territorio, poi interverrà attraverso gli strumenti e le modalità che quel territorio ha -dice Suor Claudia-. Come a Sesto la Caritas era intervenuta attraverso un'equipe medica e interventi legati all'emergenza, se gli immigrati si sposteranno da qualche altra parte le realtà locali interverranno con gli strumenti che hanno. A livello centrale stiamo sollecitando affinché ci sia il tentativo di parlarsi tra istituzioni: ci farebbe piacere che questo sia l'ultimo sgombero fatto in questo modo e che ci sia la possibilità di lavorare con altri criteri e altre modalità. Se a livello istituzionale non troviamo ascolto, a quel punto prenderemo le nostre decisioni. Speriamo che ci ascoltino e che si riescano a mettere in piedi strumenti per una diversa riflessione e gestione della situazione. Si preparano via Triboniano e tanti altri sgomberi in giro per la nostra provincia. Non si può, è chiaro, andare avanti in questo modo: vogliamo però che ci siano delle reali soluzioni e che questa non sia soltanto una finta”.
“La tregua estiva è finita - commenta Maurizio Pagani, vicepresidente di Opera Nomadi-. All'alba del nuovo giorno ha avuto luogo il preannunciato sgombero dei Rom Romeni che abitavano l'area ex Falck di Sesto San Giovanni. Qui, verde e cemento prenderanno nuova forma dalla fantasia dell'architetto Renzo Piano, sulle macerie di un luogo storico che ha segnato lo sviluppo industriale del milanese, le lotte sociali, la resistenza contro il nazifascismo.Negli ultimi anni Sesto, come Milano e gli altri Comuni della Provincia, è diventato meta e rifugio di immigrati e Rom. Storie di uomini e donne, miseria e sopraffazione, vita e morte, impossessatisi temporaneamente dei nostri 'scarti' e trattati loro stessi, da noi tutti, come tali. I periodici tormentoni sulla sicurezza, accompagnati da un generico riferimento alla 'solidarietà', che tanto non guasta mai, hanno volutamente ignorato la capacità e lo sforzo di piccole comunità umane di reinventarsi lo spazio abitativo, di far proprie aree residuali, accantonate nell'attesa di veder crescere l'interesse speculativo. Ora si dirà che era inevitabile questo sgombero, fors'anche giusto, come 'giusto' è pensare di risolvere il problema Rom costruendo (ma sarà poi vero?) 'tanti' piccoli villaggi della solidarietà, con schiere di educatori e forze dell'ordine pronti ad assicurarne il funzionamento e la 'legalità'. No, questo per noi non è quello che si dovrebbe fare, perché non propone nessuna nuova e importante svolta culturale, esautorando del tutto i destinatari dei nostri 'aiuti' e privandoli del senso di partecipazione e responsabilità o per meglio dire di 'cittadinanza'. Così facendo contribuiremmo solo a costruire dei nuovi 'check point', zone off limits circondate da un 'muro immaginario' ma dagli effetti controproducenti e duraturi. Luoghi della separazione, non della convivenza, avvolti da una illusoria cortina di sicurezza”. Sul tema dei Villaggi solidali, proposti qualche mese fa da Don Colmegna e allo studio grazia ad finanziamento della Regione Lombardia, è scettica anche Suor Lucia: “Se affronto idea di uno sgombero attraverso la costruzione di un Villaggio Solidale, la cui costruzione richiederà un paio d'anni, o metto in moto modalità di intervento più rapide, oppure in due anni ne passa di acqua sotto i ponti”.
Redattore Sociale