Problemi anche per il decentramento amministrativo. Il caso piazza Maggiore, che compete a 4 quartieri: «Ci mettiamo ore per capire chi deve occuparsi di chi sta lì»
Un migliaio di persone in strada a Bologna nell’arco di un anno. È la fotografia scattata da Piazza Grande, una stima ricavata dai dati del Servizio mobile di sostegno, che da febbraio 2010 a gennaio 2011 ha contattato 504 senza casa, in stazione o nelle vie del centro. «Cinquecento persone di cui sappiamo nome, cognome e luogo di provenienza - spiega il responsabile del servizio Alessandro Tortelli - a cui però dobbiamo aggiungere quelli che non sono entrati in contatto con noi, dai rom che vivono nei campi abusivi agli stranieri irregolari».
Per capire chi sono queste persone l’associazione si è concentrata sui 293 casi seguiti per più tempo. «Si scopre così che i senza dimora corrispondono sempre meno all’immagine stereotipata dei clochard - spiega Tortelli - si tratta di un fenomeno in aumento ma anche in cambiamento». Se in 173 casi si evidenziano problemi mentali (51 persone), o legati ad alcol (60) e tossicodipendenza (64), ci sono ben 120 persone che non hanno una problematica specifica, se non la povertà. Non a caso fra questi la maggioranza è straniera (73%), ma con regolare permesso di soggiorno.
Un profilo che corrisponde a quello di Ranbir, il 21enne indiano morto sabato scorso in piazza dei Martiri per un malore, probabilmente collegato al consumo di alcol. «Ma quando è arrivato in Italia Ranbir era regolare - spiega Tortelli - poi ha perso il lavoro e in un anno non è riuscito a trovarne un altro. Su di lui poi gravava il peso psicologico della famiglia che aveva investito tutto per portarlo in Italia». Per ricordarlo, «sabato dalle 15 saremo in piazza dei Martiri per portare fiori e pensieri. L’invito è aperto a tutta la cittadinanza».
In generale, spiegano ancora da Piazza Grande, i senza tetto «sono persone che non vogliono stare in strada e che essenzialmente cercano lavoro: per questo il fenomeno è contraddistinto da una forte mobilità». E infatti, mettendo a confronto gli accessi del piano freddo del 2009 (341 persone) e del 2010 (381) si scopre che solo il 9% è tornato nei dormitori bolognesi anche quest’anno. Ma vivendo in strada «è molto facile cadere ell’alcol, nella tossicodipendenza o nel disagio mentale». È essenziale, dunque, «una risposta tempestiva da parte dei servizi».
Servizi che secondo l’associazione sono oggi insufficienti. Nei dodici mesi considerati dal report del Servizio mobile compaiono 125 persone residenti a Bologna e in provincia (a queste ultime è negato però l’accesso ai dormitori), ma la città mette a disposizione solo 100 posti letto nei dormitori di primo livello. «Senza l’apertura del piano freddo non ci sarebbe stato spazio nemmeno per i residenti», spiega Tortelli.
Anche l’iter per ottenere la residenza e i colloqui con gli assistenti sociali, che darebbero poi diritto all’accoglienza, è lungo e complicato. Anche per colpa del decentramento dei servizi sociali nei quartieri. Lo dimostra, come racconta Tortelli, «il caso di Rita, una signora anziana e con grave disagio mentale che abbiamo intercettato in piazza Maggiore: solo che la piazza è divisa fra 4 quartieri, e se lei si spostava dal bar alla farmacia cambiava quello di competenza. Ci abbiamo messo quattro ore per capire chi doveva prenderla in carico».