Angelo, 63 anni, ha i lineamenti teutonici: viso allungato, occhi verdi e naso dritto, incorniciati da una candida barba fluente. Insomma una di quelle facce che potresti incontrare alla stazione di Monaco di Baviera oppure sul Lungoreno a Dusseldorf. Inaspettatamente, parla barese: «Io so’ austriaco», dice mentre finisce di mangiare la percoca saporita, alla mensa del Caps, in corso Italia 81. Austriaco? «I miei genitori morirono in un incidente stradale quando avevo appena due anni. Mi trovai in un orfanotrofio a Bari. Poi 16 anni a Cassano e adesso sono qui». I commensali del Caps raccontano le loro esistenze difficili per salti, al punto che al cronista sembra sconveniente indagare troppo. Cioè fare domande: e poi dove sei stato e quale lavoro hai fatto? Oppure: sei sposato? O ancora: dove vivono i tuoi figli? Angelo, l’austriaco-barese con la camicia a quadroni come quelle che usano nel Tirolo, si congeda e se ne va, ben sapendo che all’uscita su corso Italia dovrà sfidare la temperatura rovente del primo pomeriggio.
Le storie dei senzatetto ad agosto si dipanano dietro il menù gustoso preparato dagli operatori del Caps e dai volontari. Primo risotto, secondo cordon bleu con contorno di insalata, frutta di stagione. Il profumino è invitante. Niente alcol, per evitare eccessi di allegria, per così dire. Nella mensa (60 posti per due turni a pranzo, alle 12,30 e alle 14,30, più la prima colazione) regna l’ordine. Ognuno dei commensali sembra farsi i fatti suoi, anche se l’avere compagno al duol favorisce timide amicizie, sfoghi appena accennati sui problemi della vita. Unica «trasgressione»: alcuni giovani si rilassano nell’anticamera, stesi sulle panche.
«Giornalista, hai una sigaretta?». «Veramente non fumo». Altra storia. Unica come tutte le altre. Piero, 53 anni, di Catania. Un braccio parzialmente offeso, la piccola pensione di invalidità: «Io - racconta con proprietà di linguaggio dopo avere accantonato il nocciolo della percoca - sono qui da aprile scorso. Con Bari, però, ho un legame forte, che risale al 1979. Avevo 20 anni quando il compianto professor Francesco Pipino, primario di Ortopedia, mi operò al braccio sinistro. È grazie a lui - sottolinea - se oggi posso fare movimenti utili, entro certi limiti». Un altro tassello della sua vita: «Sono stato tre anni in Toscana. Vengo da Prato. Lavoravo, facevo il badante a un anziano, 700 euro al mese più vitto e alloggio. Il poveretto è morto e sono rimasto disoccupato. I risparmi sono finiti, ho perso la casa». Come mai Bari? «Mi è stato chiesto di accompagnare qui, in auto, una persona anziana. Non me ne sono andato più».
Il seminterrato pulito del quartiere Libertà, fra le vie Trevisani e Ravanas, è «figlio» del cuore buono e della professionalità di Tonio Signorile, lo psicologo scomparso qualche anno fa, che ancora oggi rappresenta un modello aureo per il mondo del volontariato barese. Oggi alla guida del Caps c’è il figlio, Marcello, medicho chirurgo trentenne. Ma il sogno dell’indimenticabile Tonio continua: il lavoro di assistenza e di accoglienza ai senzatetto e ai barboni è al centro di una convenzione con il Comune. Dal 15 luglio al 31 agosto, le mense parrocchiali e quella, serale, alla stazione centrale, sono chiuse. Ma i senzatetto e i barboni, italiani e stranieri, per la prima volta a Bari quest’estate non sono abbandonati, nemmeno il sabato e la domenica e nemmeno il giorno di Ferragosto.
Se a colazione e a pranzo confluiscono al Caps, a cena si può mangiare nei locali della chiesa di San Rocco, in via Sagarriga Visconti, pieno centro murattiano. Sono 150 i «coperti». Si può cenare a partire dalle ore 19. Qui sono stati i volontari dell’associazione «Incontra» a rimboccarsi le maniche, grazie alla disponibilità del parroco. Dice Gianni Macina di «Incontra»: In questo periodo estivo abbiamo di fatto trasferito la mensa da piazza Moro a San Rocco. Fondamentale è il contributo dei privati». In dettaglio, la ditta Ladisa fornisce il cibo caldo, il bar Divina dona pasticceria e cornetteria e Megamark mette a disposizione bottigliette di acqua fresca e l’«usa e getta»: tovagliolini, bicchieri e posate. Tutto viene trasportato con il furgone dell’associazione, donato l’anno scorso dalla famiglia Goffredo e allestito grazie al Rotary Club Bari.
Continua Macina: «Il Comune e la Provincia ci stanno aiutando a trasformare il furgone, che è stato già coibentato, in un mezzo pienamente idoneo a trasportare alimenti e acqua. Palazzo di città - spiega - ha già firmato la delibera per i contenitori da cibo. Invece da via Spalato arriverà il frigorifero di bordo. Ringrazio gli assessori Ludovico Abbaticchio e Pino Quarto per la loro sensibilità e professionalità». Il caldo asfissiante, poi, viene combattuto con la «Macchina dell’acqua», sempre un’idea di Macina & soci: ogni giorno, dalle 14 alle 18, in piazza Moro, vengono distribuite bottigliette fresche, e anche medicinali. La malattia vera, però, in molti casi è la solitudine.