È quanto emerge dal ''Dossier sulle povertà in Campania'' della delegazione regionale Caritas; si tratta di una povertà non legata ad una carenza cronica di risorse materiali, ma di una povertà familiare ''multiproblematica''.
Aumentano i poveri in Campania, e sono soprattutto le donne a chiedere aiuto per situazioni di povertà e di disagio. È quanto emerge dal “Dossier sulle povertà in Campania” della Delegazione regionale Caritas, presentato a Napoli sabato scorso.
Il dossier traccia un identikit del povero in Campania, presentando i dati raccolti in sei mesi – dall’aprile al settembre 2005 – e relativi ad un campionamento casuale di 1.245 utenti di Centri di Ascolto Caritas identificati in 11 delle 24 diocesi nella regione, distribuiti tra i territori e le province di Napoli, Avellino e Salerno. Ne risulta che sono soprattutto le donne (65,2% rispetto al 34,8% di uomini) a rivolgersi ai centri ascolto; giovani - tra i 35 e i 39 anni d’età – e coniugate (47,2% rispetto al 28,4% di nubili), con basso livello di istruzione nel 68,1% dei casi (licenza media inferiore per il 32,7%, licenza elementare per il 28,7%, analfabeta per il 3,7% e senza alcun titolo per il 3%). Donne disoccupate, con una dimora abituale (per l’85,4%) che condividono con i propri familiari o parenti (nel 61,1% dei casi). Si tratta dunque – evidenzia il dossier – di una povertà non legata ad una carenza cronica di risorse materiali, ma di una povertà familiare “multiproblematica”, che riguarda interi nuclei familiari, in cui figurano genitori disoccupati, anziani bisognosi di cure, persone con dipendenze da alcool o droga. Emerge infatti dalla ricerca che in aumento non sono casi singoli ma le famiglie di poveri, e che sono le donne a chiedere aiuto: quelle italiane, in particolare, che in Campania hanno maggiori difficoltà a trovare lavoro rispetto agli uomini (con un tasso di disoccupazione del 21,7% verso il 12,3% degli uomini, dati Istat), e si trovano costrette a ricorrere ai centri ascolto Caritas.
La condizione professionale più diffusa tra gli utenti dei centri ascolto coinvolti nell’indagine è dunque quella di disoccupato (il 70,9% totale dei casi, con 9,3 punti percentuali in più rispetto al dato nazionale, che è del 61,6%). Al secondo gli occupati con il 13,1%: valore rilevante, secondo il dossier, perché dimostrerebbe che anche avere un lavoro può condurre a problematiche di povertà ed esclusione sociale: è il cosiddetto fenomeno del working poor. Al terzo posto ci sono le casalinghe con il 7,8%, soprattutto cittadine italiane (13,1% rispetto al 3,2% delle straniere), seguite dai pensionati (il 5,0% del totale), anche questi soprattutto italiani (8,8% rispetto allo 0,1% degli stranieri). Dal confronto tra utenti italiani e stranieri emergono profili simili, che si differenziano soprattutto per la classe d’età (italiani: 35-39 anni; stranieri: 30-34 anni), l’istruzione (italiani: licenza elementare; stranieri: licenza media inferiore, con una percentuale di laureati del 5,6%, rispetto all’1,4% degli italiani) e lo stato di convivenza: anche tra gli stranieri a chiedere aiuto sono soprattutto le donne, che – a differenza delle italiane – non abitano con il proprio coniuge o partner, sono perlopiù sprovviste di permesso di soggiorno e provengono soprattutto dall’Europa dell’est.
Redattore Sociale