A insegnare l’italiano agli stranieri sono soprattutto i volontari delle associazioni


Pubblicato il 07.09.2005 in News Sociale

È quanto emerge da “NonSoloItaliano”, la ricerca sulle scuole di italiano per migranti realizzata dall’Osservatorio provinciale dell’immigrazione di Bologna.

Il dossier è nato da un progetto che ha coinvolto le realtà più significative del territorio bolognese impegnate nella formazione degli stranieri. Un’attività nella quale sono impegnate le istituzioni pubbliche, alcune scuole professionali e soprattutto le associazioni di volontariato. “Già da una prima analisi – sostiene il responsabile dell’Osservatorio e coordinatore della ricerca Raffaele Lelleri – era emersa l’importanza delle organizzazioni volontarie in questo tipo di formazione: il mondo del volontariato – continua Lelleri –  gestisce un cospicuo capitale umano: su un totale di circa 150 insegnanti di italiano come seconda lingua, ben l’81% è composto da volontari (vale a dire 8 su 10), mentre dei circa 1.300 studenti stranieri, circa il 43% frequenta i corsi organizzati dal volontariato”. Per questo la ricerca, condotta tra novembre 2004 e febbraio 2005, si è focalizzata in particolare su questo mondo.

“NonSoloItaliano”, attraverso la raccolta di 320 questionari (63 compilati da insegnanti volontari e 257 da studenti stranieri) e grazie ai sei focus group ai quali hanno partecipato 40 insegnanti, ha analizzato le caratteristiche socio-demografiche, i bisogni formativi e gli aspetti più critici della gestione delle classi delle 19 scuole che hanno partecipato all’indagine (la maggior parte legate all’associazionismo, oltre ad alcuni centri territoriali permanenti, al Cd/Lei del Comune di Bologna e da due enti di formazione, l’Istituto istruzione professionale lavoratori edili e il Consorzio europeo per la formazione e l'addestramento dei lavoratori).

Dall’analisi si è scoperto che i docenti volontari, in prevalenza donne tra i 20 e i 30 anni e con un buon livello di scolarizzazione (anche se non manca chi è in pensione), solitamente non ricevono alcun tipo di retribuzione e non hanno necessariamente una competenza specifica nell’insegnamento dell’italiano agli adulti immigrati. “Abbiamo cercato di insegnare a queste persone a ‘barcamenarsi’ con la lingua, in modo che siano in grado di cercar casa, far la spesa tranquillamente, presentare un curriculum – spiegano gli insegnanti -. Noi infatti abbiamo fornito prima di tutto competenze pratiche più che grammaticali. Il nostro obiettivo è stato quello di mettere le persone in relazione con il territorio”. Anche le attività extrascolastiche hanno avuto una funzione didattica fondamentale: è questo il parere di alcuni intervistati che hanno cercato di organizzare qualche attività di contorno. “Per esempio, la domenica pomeriggio c’era un mio collega che si ritrova con chi voleva per giocare a basket”. Inoltre, “sono stati fatti alcuni incontri per scambiarsi reciprocamente le ricette della cucina tradizionale, italiana ed etnica”.

Redattore Sociale


Autore: Mt