Inaugurato il nuovo spazio dedicato alle persone senza fissa dimora. Il nome simbolico scelto per l’iniziativa è “Un caffè dai frati”. Ma qui chi ne ha bisogno può trovare accoglienza, dignità e amicizia «e progettare una ripartenza». Presenti le diverse associazioni di volontariato che compongono Sos Stazione, impegnate nell’offrire ogni giorno pasti caldi e ascolto
Le porte sono aperte già da qualche tempo, ma ora è stato inaugurato ufficialmente presso la parrocchia dei frati di Busto Arsizio il nuovo punto di incontro per persone senza dimora. Il nome simbolico scelto per l’iniziativa è “Un caffè dai frati”. Ma qui chi ne ha bisogno può trovare accoglienza, dignità e amicizia.
Presenti le diverse associazioni di volontariato che compongono Sos Stazione, impegnate nell’offrire ogni giorno pasti caldi e ascolto ai senzatetto che gravitano intorno alla stazione.
Un nuovo luogo di incontro
Il nuovo centro, fortemente voluto da fra Pietro Pagliarini, occupa degli spazi utilizzati per anni come oratorio ma che originariamente erano destinati proprio all’accoglienza dei bisognosi.
«Nel 2021 – ha raccontato fra Pietro – la parrocchia del Sacro Cuore ha celebrato i cento anni della consacrazione del Santuario. Come comunità francescana ci siamo chiesti che senso potesse avere la presenza dei frati in città. Insieme si è pensato che sarebbe stato un bel gesto riportare questa parte della parrocchia alla sua funzione originaria: negli anni cinquanta questa era la “Casa del povero”, con una mensa e un piccolo alloggio per persone di passaggio».
Ecco dunque che lo spazio attiguo alla chiesa è diventato un luogo dove le persone che gravitano intorno alla stazione o che già si rivolgono per ricevere un pasto alla portineria dei frati possono trascorrere del tempo. «Dalle due alle sei del pomeriggio – ha spiegato fra Pietro – qui si può bere un caffè, fare una partita a carte, consultare qualcosa online, chiacchierare. Abbiamo una squadra di volontari, sempre presenti a turno, per organizzare degli incontri di amicizia».
«Ritirare del cibo per consumarlo sul marciapiedi o una panchina – ha rimarcato – non ci sembrava degno dei nostri amici». In questi spazi viene quindi «prolungato l’incontro che si realizza in stazione e si crea un rapporto più disteso e più adatto a conoscere le loro storie e a dare una risposta adeguata». Con il contributo dell’amministrazione, verranno realizzate anche due docce e allestiti alcuni letti.
La rete Sos Stazione
Il sostegno alle persone che si trovano ai margini della nostra società può contare sull’impegno di una rete di diverse associazioni ribattezzata Sos Stazione, dal nome della chat dei volontari attivi ogni giorno.
Il coordinamento comprende Caritas, parrocchia Sacro Cuore, Ali d’Aquila, Quelli della Tavola, Acli, Siticibo – Banco Alimentare, Fondazione Tosi – residenza Magistrelli Armiraglio, Casaringhio, Croce Rossa Italiana.
«Una bella storia costruita in un anno di attività – la definisce Maria Sorbi, volontaria –. All’inizio casuale e raffazzonata, poi sempre più organizzata. Sono coinvolte realtà diverse, laiche e cattoliche, che si sono rimboccate le maniche facendo volontariato di strada, con cuore e testa, andando al di là della distribuzione dei pasti».
Sorbi ha anche evidenziato che «da soli non riusciamo a fare tutto. Per creare questo “percorso di dignità” abbiamo bisogno delle istituzioni, che finora sono sempre state molto collaborative».
«Il settore dei servizi sociali ha fatto molto ma dovrà allargare la sua attività – ha osservato monsignor Severino Pagani –. La comunità cristiana è pronta a collaborare. È finito il tempo in cui la chiesa era egemone in questo campo, ma il senso della Caritas rimane, in un contesto di collaborazione con altre realtà capofila di un progetto».
Francesco Nicastro, responsabile decanale della Caritas, ha iniziato questo percorso dodici anni fa, portando un termos di tè in stazione dopo essere letteralmente inciampato in una persona che fino a qualche tempo prima era un vicino di casa. «Quello di oggi è un punto di arrivo e di partenza – ha detto –. Ed è anche “un’opera segno”, che deve far riflettere tutta la società».
Oliviero Motta della cooperativa Intrecci (che gestisce il dormitorio di Sant’Anna) ha fatto notare come, anche in questi tempi complicati, stiano «fiorendo tante iniziative sul nostro territorio».
E a margine dell’inaugurazione, Diego Cornacchia e Paola Magistrelli hanno ricordato come la casa famiglia Magistrelli-Armiraglio, grazie all’impegno della Fondazione Giannina e Annibale Tosi e a fronte di importanti investimenti, negli ultimi 12 anni abbia ospitato 82 persone.
Le novità
Emilio Lonati si è rivolto alle istituzioni, chiedendo un miglioramento del dormitorio: «Il volontariato vi dà una mano. Date una mano al volontariato», ha detto. A tal proposito, l’assessore all’Inclusione sociale Paola Reguzzoni ha fatto sapere di aver ricevuto l’approvazione dalle Ferrovie per posizionare nella parte retrostante l’attuale rifugio un prefabbricato con mensa e docce. «E con i fondi del Pnrr vorremmo realizzare vicino alle Nord una stazione di posta con venti mono-bilocali anche per le tante famiglie che verranno colpite dagli sfratti che ripartiranno dopo il blocco degli ultimi tre anni».
«In questo nuovo spazio ci sono calore e affetto – ha sottolineato il sindaco Emanuele Antonelli, in passato impegnato in prima persona nella distribuzione dei pasti ai senzatetto –. Qui si può socializzare e non pensare alle cose brutte. Le difficoltà, con l’aiuto degli altri, si possono superare. Insieme ce la possiamo fare».
Le testimonianze
Significative le parole di chi, grazie all’impegno della rete di volontari, ha avuto una nuova opportunità. Dario, che per problemi di salute ha perso lavoro e casa: «Non ero amato né capito. I volontari mi hanno aiutato tantissimo e sono stato ospitato nella casa Magistrelli. Spero di poter trovare lavoro e una casa in affitto per rimettermi in carreggiata». «È stata una fortuna trovare in stazione queste persone – ha aggiunto Daniele – con la semplicità che dovrebbe essere alla base di ogni rapporto e sempre con una parola buona per noi, che non so se meritassimo».
Samuele ha definito «una rivoluzione» avere a disposizione un locale dove trovare calore: «Le persone qui trovano supporto psicologico e occasioni di dialogo». E soprattutto possono «progettare una ripartenza».