È la famiglia l'unico vero ammortizzatore sociale per i giovani


Pubblicato il 19.07.2006 in News Sociale

Disoccupazione, bassi redditi e precarietà prolungano la permanenza in casa oltre i trent'anni: un articolo pubblicato su ''Lavoce'' denuncia la debolezza del Welfare pubblico.

Disoccupazione, sottoccupazione, bassi redditi e precarietà del posto di lavoro: sono queste le cause che prolungano la permanenza in casa dei genitori da parte dei giovani. Il ritardo nella conquista di una piena autonomia ha poi un forte impatto sui tempi di realizzazione di alcuni importanti obiettivi di vita, tanto che secondo una recente indagine sono i trentenni oggi i più infelici in Italia, più dei pensionati e degli anziani che vivono soli: il tempo che intercorre tra la fine del percorso formativo e la prima unione è tra i più elevati in Europa (mediamente dieci anni per gli uomini e cinque anni per le donne); l’età femminile e maschile al matrimonio e alla nascita del primo figlio sono tra le più elevate nel mondo occidentale; il livello di fecondità, invece, è tra i più bassi; l’età alla prima unione risulta in media posticipata di circa 5 anni rispetto alle aspettative personali e il numero di figli ribassato di quasi un terzo rispetto ai desideri dichiarati dalle coppie, molte delle quali si fermano al figlio unico.

Il rapporto di fine giugno dell’Istat, "Strutture familiari e opinioni su famiglia e figli", evidenzia come un numero rilevante di giovani esprimano il desiderio di uscire dalla famiglia di origine e di formarne una propria, se solo le condizioni economiche lo permettessero. Ma oltre il 40% dei giovani usciti per lavoro si trova spesso costretto a tornare nella famiglia di origine.

Tra i 20 e i 25 anni, poco più del 40% degli italiani ha una occupazione, contro il 60% nel complesso degli altri grandi paesi europei. L’Italia “vanta” i salari di ingresso nel mondo del lavoro tra i più bassi d’Europa. Il reddito medio dei giovani italiani occupati tra i 25 e i 30 anni è quasi la metà rispetto ai coetanei inglesi, francesi e tedeschi.

A commentare i dati Istat è Alessandro Rosina, professore associato di Demografia all’Università Cattolica di Milano, dove insegna Demografia e Modelli di Population Dynamics. Su “Lavoce.info” pubblica “Come è difficile essre giovani in Italia”, articolo in cui sottolinea come il vero e unico ammortizzatore sociale per i giovani sia la famiglia di origine, spesso anche quando se si è conquistata l'autonomia: “La solidarietà familiare intergenerazionale – scrive Rosina - è di per sé un fatto positivo. Lo è meno quando non ci sono alternative, perché sopperisce un welfare pubblico che aiuta poco, o per niente, i giovani. Lo è ancor meno per i giovani che non hanno famiglie solide e benestanti su cui contare. La combinazione tra solidarietà familiare forte e welfare pubblico debole si rivela quindi iniqua. In Italia i giovani devono infatti soprattutto ringraziare i genitori e la rete informale degli aiuti parentali per il fatto di ottenere quanto invece altrove si ha come diritto. Una società nella quale conta soprattutto ‘scegliersi bene la famiglia in cui nascere’, e poi tenersi buoni i genitori il più a lungo possibile, non è l’esatto ritratto di una società equa e dinamica. Perché i giovani francesi protestano (a torto o a ragione) per migliorare leggi che considerano sbagliate o semplicemente svantaggiose, e quelli italiani no? Non sarà anche perché i venticinquenni francesi hanno più il senso di essere cittadini e quelli italiani più invece quello di essere figli?”  (L’articolo completo di Alessandro Rosina è consultabile su www.lavoce.info. Per approfondimenti vedi anche lancio sulla Famiglia nel notiziario odierno di Redattoresociale).


Autore: Stefano Bracalente
Fonte: Redattore Sociale